Il debito pubblico, nemico o alleato del popolo?. La scelta irresponsabile di dichiarare il debito pubblico
come male assoluto del mondo ha aperto come abbiamo detto un problema più
grande che è la dipendenza
cronica dal debito privato come
unica fonte di sostegno dell’economia di un certo paese. Quando lo Stato ancora
unico detentore della sua moneta emette dei titoli di debito da collocare
presso gli acquirenti privati per coprire i suoi deficit di bilancio, non fa
altro che distribuire ricchezza
finanziaria netta al settore
privato, limitare il ricorso al debito privato per finanziare le spese e i
consumi
altrimenti impossibili, concedere un sicuro investimento per i
possessori dei titoli e in definitiva instaurare un debito con se stesso che
non crea danni, in quanto nessuno si può far male, nè lo Stato nè il cittadino
acquirente dei titoli, nè le banche creditrici, nè le aziende, per un semplice
motivo: quel debito di natura soltanto convenzionale e fittizia potrà essere
sempre rimborsato dalla tesoreria dello Stato, tramite un semplice clic su un computer della banca centrale. L’unico
inconveniente di un utilizzo marcato del debito pubblico per favorire magari i programmi di piena occupazione,
è la possibilità che si crei con il tempo un eccesso di importazioni
dall’estero che tenda a svalutare eccessivamente la moneta nazionale nei
confronti delle valute straniere, ad aumentare l’indebitamento estero e a
rendere sempre più costose le stesse importazioni. Questo è un problema noto a
tutti gli studiosi di economia, indicato con il nome di trilemma macroeconomico : non si può mai avere
contemporaneamente autonomia nelle scelte di politica monetaria, libera
circolazione dei beni e dei capitali e stabilità di cambio della moneta. Una
cosa deve essere sacrificata e con buona pace per le economie altrui votate al
mercantilismo e alle esportazioni, si potrebbe facilmente derogare ai mantra del libero mercato imposti
dai globalisti mondiali con politiche
razionali e sostenibili di protezionismo
delle produzioni locali (perché comprare le arance in Spagna o in Marocco, con tutte le
conseguenze del trasporto e del relativo inquinamento, quando posso
tranquillamente produrle a due passi da casa mia?) e controllo dei movimenti di capitali (se un imprenditore
ha fatto i soldi in Italia perché può sentirsi libero di portare i soldi alle
Cayman per proteggersi dalla svalutazione e non pagare le tasse?), senza per questo rinunciare alla pace del mondo (che la
globalizzazione in ogni caso non ha assicurato, anzi).
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