Mi pare che non serva un luminare di economia per
capire che la struttura
privatistica e il mostro giuridico imposto con la forza e con l’inganno
in Europa non sia proprio uno straordinario modello di efficienza e sviluppo:
basterebbe citare alcuni dati sul crollo della produzione industriale (-8,2% su base annua in Italia), sulla disoccupazione dilagante (10,8% in Italia, 24,6% in
Spagna, 23,1% in Grecia, con una disoccupazione giovanile oltre il 50%), sulla
caduta dei redditi nazionali(-2,5%
la previsione per l’Italia nel 2012, -6,2% per la Grecia), sull’aumento dello
stesso debito pubblico (in ascesa a €1972
miliardi in Italia,
con oltre il 123% di rapporto debito pubblico/PIL e i soli interessi che
sfiorano i €100 miliardi di euro all’anno) per ammettere con un minimo di
obiettività e onestà intellettuale (cosa di cui sono privi tutti gli organi
di informazione profumatamente finanziati dai soliti banchieri) che il progetto eurozona sia un fallimento
su tutti i fronti. Senza un cambiamento radicale, che assicuri innanzitutto
un maggiore coordinamento fra la politica monetaria della banca centrale e
la politica fiscale dei governi come
accade in tutti i paesi normali del mondo, la moneta euro e l’eurozona come
istituzione sono destinati a collassare per evidenti limiti di sostenibilità.
Gli stessi interventi non convenzionali della BCE, che derogando più volte al
suo statuto e ai trattati europei ha dovuto acquistare titoli di debito
pubblico sul mercato secondario per alleviare la mancanza di capitali a buon mercato
da parte degli stati più in difficoltà dell’eurozona (i cosiddetti PIIGS, Portogallo, Irlanda,
Italia, Grecia, Spagna), dimostrano palesemente che il taglio netto fra
l’operato della banca centrale e quello dei governi, con il quale si voleva
lasciare questi ultimi in balia dei mercati privati, sia un errore colossale e una scelta impraticabile nella realtà
dei fatti.
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