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sabato 15 dicembre 2012

Crisi economica: la soluzione perfetta che non piace ai banchieri



Di Jacopo Castellini   

                          
Molti avranno sentito o letto in questi mesi che la Banca Centrale Europea non può prestare denaro direttamente agli Stati, ma solo alle banche e alle organizzazioni finanziarie. Questo è sancitodall’articolo 21.3 dello Statuto della BCE e dal Trattato di Lisbona. Quest’ultimo infatti, all’articolo 123, vieta espressamente la possibilità di finanziare direttamente gli Stati, che si trovano così costretti a finanziarsi attraverso le banche private. Queste però acquistano i titoli del debito pubblico ad un tasso d’interesse del 6%, attraverso i finanziamenti erogati loro dalla BCE ad un tasso dell’1%. Una vera e propria manna dal cielo, se si pensa che solo rifinanziando lo Stato le banche europee guadagnano il 600% rispetto agli interessi richiesti dalla BCE. Ma questo costringe gli stati ad indebitarsi a tassi del 600% superiori a quelli a cui la BCE potrebbe erogare loro credito, se le fosse possibile. Ma siamo davvero sicuri che non lo sia? L’articolo 123 del Trattato di Lisbona, recita: Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali”.


Parrebbe proprio di sì. Ma usiamo il condizionale perché qualcuno non è d’accordo. Si tratta di Loris Palmerini, indipendentista veneto che ha fatto una scoperta davvero incredibile. Infatti, se si continua a leggere l’articolo 123, di cui sopra abbiamo riportato il primo paragrafo, si scopre nel secondo che “le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Le banche di proprietà pubblica, quindi, possono veder erogati prestiti a loro vantaggio da parte della BCE al tasso dell’1%, esattamente come tutte le altre banche. Quindi lo Stato potrebbe essere finanziato all’interesse dell’1% (il 600% in meno degli interessi sul debito attuali) semplicemente creando una banca pubblica, di proprietà statale, e richiedendo alla BCE l’erogazione del prestito in base alle norme citate, in parità di trattamento con gli istituti privati. Incredibile che, invece, i governidella zona Euro continuino ad indebitarsi al tasso del 6% quando potrebbero usufruire di una tale possibilità offerta loro dalle stesse norme vigenti.

Così facendo, invece, le uniche a guadagnare sono le banche, che non solo si arricchiscono con tassiesagerati ai danni dello Stato (cioè dei contribuenti), ma usano parte del prestito elargito loro dalla BCE per investimenti in titoli ad alto rischio, in grado di moltiplicare il già misero interesse richiesto loro dall’istituto di Francoforte. Lo Stato italiano, ad esempio, potrebbe risparmiare dai 18 ai 20 miliardi l’anno: un danno erariale enorme che, secondo Palmerini, dovrebbe essere denunciato alla Corte dei Conti e che spinge l’Italia direttamente verso la bancarotta finanziaria. Diversamente, il governo italiano potrebbe nazionalizzare le banche private a rischio fallimento ed utilizzarle per richiedere prestiti all’1% alla Banca Centrale Europea, con cui finanziare i servizi statali e varare una linea di credito produttivo nei confronti delle aziende e dei privati italiani. Loris Palmerini fa notare però come anche gli enti locali possano fare la stessa cosa, istituendo banche comunali, provinciali o regionali. Un progetto a cui, secondo il giornalista Luigi Gandi, che ha ospitato Palmerini in diverse puntate della sua trasmissione su Antenna 3 Nordest, sarebbe costato caro a Jorg Haider,morto in un incidente misterioso nel 2008.

Palmerini non è l’unico che si appella alle norme vigenti per porre fine all’indebitamento senza freno, che porta all’adozione delle politiche di austerità e di repressione fiscale. In un articolo di Le Monde del 2 gennaio scorso, intitolato “Perché gli stati devono pagare 600 volte più delle banche?”, l’ex primo ministro franceseMichel Rocard e l’economista Pierre Larrouturou proponevano una soluzione in grado di assicurare agli stati liquidità a costo pressoché nullo, senza violare l’articolo 21.3 dello Statuto della BCE. Questo infatti impediscedi finanziare direttamente gli stati, ma non le organizzazioni finanziarie, quale è la Banca Europea degli Investimenti (BEI). La BEI, secondo i due, potrebbe quindi ricevere finanziamenti allo 0,01% dalla BCE (lo stesso tasso richiesto dalla FED alle banche statunitensi), con cui rifinanziare i governi europei al tasso dello 0,02%. Ciò significherebbe per gli stati europei liquidità a costo quasi nullo, temporaneo arginamento del debito pubblico, senza rischio di default e soprattutto senza modificare lo Statuto della BCE. Il silenzio di Francoforte, di Bruxelles e dei governi europei in merito alla proposta la dice lunga su quanto queste istituzionisiano al servizio delle banche e non dei loro cittadini, costretti a fare le spese di tagli allo stato sociale e di tasse sempre più elevate, che potrebbero invece essere evitate. Loris Palmerini, dal canto suo, ricorda che lasudditanza italiana nei confronti degli usurai affonda le sue radici nella nascita stessa dello stato unitario,decisa a tavolino per derubare gli stati preunitari delle loro riserve auree (vedi Così nasceva una nazione pp. 68-69, Nexus New Times n. 98).

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